di Stefano Di Maria
Una sparatoria a scuola. Prime sequenze: i corpi contorti e scomposti a terra, macchie di sangue sul pavimento e sui banchi, fino all’inquadratura di una ragazza che, appoggiata alla parete, si stringe le gambe fra le braccia; poi l’arrivo della polizia, che le mette le manette ai polsi. Ma è stata davvero lei a commettere la strage? Comincia così QUICKSAND, una delle serie Netflix da recuperare, prima produzione originale in Svezia.
Il tema affrontato, che riprende alcuni episodi di cronaca degli ultimi anni, è quello delle stragi a scuola, opera di ragazzi armati fino ai denti e decisi a farsi giustizia da soli. Ma la serie, più che la vicenda in sé e i colpevoli, vuole esplorare la mente di chi arriva a uccidere in questi contesti, che cosa li porta fino a questo punto.
Creata da Pontus Edgren e Martina Håkansson e diretta da Per-Olav Sørensen e Lisa Farzaneh, QUICKSAND è tratta dall’omonimo libro “Sabbie mobili”, di Malin Persson Giolito, che in patria ha ricevuto molti premi. La storia è ambientata nel quartiere più ricco di Stoccolma, Djursholm, dove la studentessa del liceo Maja Norberg s’innamora di un ragazzo problematico: Sebastian, figlio di una madre e un padre assenti, che non si preoccupano minimamente di lui. Anche Maja, in realtà, ha genitori assenti: seppure le stiano addosso riempiendola di attenzioni, le lasciano troppa libertà e, chiusi nel loro mondo dorato di famiglia abbiente, non vedono il dramma che si nasconde dietro lo sguardo triste della figlia. La sua è una relazione malata con un ragazzo che le usa violenza ma che non riesce a lasciare perché vorrebbe aiutarlo a sconfiggere il suo disagio esistenziale, le sue debolezze e la sua fragilità psicologica, che lo porta a drogarsi e a bere alcolici. Fino a quando sfocerà tutto nella strage a scuola, in seguito alla quale Maya si ritroverà sotto processo per omicidio.
QUICKSAND è una serie che fa riflettere sul disagio giovanile, sull’assenza dei genitori troppo presi da se stessi e dalla propria vita, sulla facilità con cui è possibile procurarsi armi nel mondo occidentale, sui rapporti fra coetanei che potrebbero portare a un tragico epilogo quando non c’è sincerità ma forti tensioni. Applausi alla protagonista, una promettente Hanna Ardéhn che dimostra di avere grandi doti recitative passando dalla confusione mentale successiva alla strage, all’innamoramento, alla rabbia e alle delusioni dei fatti narrati nei flashback.
Azzeccata la scelta dei due piani temporali, che mantengono alta l’attenzione dal primo all’ottavo episodio (di 40 minuti circa), senza rischiare di annoiarci con la sola vicenda giudiziaria ma mostrandoci come e perché Maya sprofondi suo malgrado, per l’appunto, nelle sabbie mobili.