di Stefano Di Maria
Quando una serie non è perfetta, anzi anche poco innovativa, eppure conquista il pubblico per il suo mistery, la qualità interpretativa e i temi trattati. Succede in questi giorni su Netflix, dove RESERVATET, LA RISERVA si trova piazzata saldamente al primo posto nella top ten delle serie tv. Evidentemente, a dispetto delle critiche ricevute, lo show derivativo dalla serialità nordeuropea ha più pregi che difetti. Dal nostro punto di vista è merito della trama, molto coinvolgente, ma non solo come vedremo dalla nostra recensione.

RESERVATET, LA RISERVA – La trama
Quando la giovane au pair filippina Ruby scompare da uno dei quartieri più esclusivi della Danimarca a nord di Copenhagen, una vicina di nome Cecilie è sempre più convinta che le sia successo qualcosa. Anche la ragazza alla pari di Cecilie inizia a indagare sulle voci che circolano tra le molte au pair della zona, mentre aumentano i sospetti che si tratti di un crimine.
Tuttavia, il caso della straniera scomparsa è poco importante per la polizia e la nuova investigatrice Aicha ha bisogno di aiuto. Cecilie e Angel si fanno avanti e lentamente sono esposti privilegi e gerarchie di potere nelle splendide abitazioni del quartiere. Ma l’impegno di Cecilie per scoprire la verità è messo alla prova quando la scomparsa di Ruby rivela connessioni con la stessa famiglia di Cecilie, costringendola ad affrontare i propri punti ciechi e a vedere la famiglia e l’ambiente in cui sta crescendo i figli sotto una luce completamente diversa.

RESERVATET, LA RISERVA – La recensione
La miniserie in sei episodi di Netflix non porta granché di innovativo rispetto a quanto visto finora della serialità scandinava, a parte l’ambientazione: i quartieri e le case dei miliardari, non la classica piccola cittadina dove sono sepolti misteri e segreti. Proprio la messa in scena, fra ville da sogno immerse nella natura, è uno dei punti di forza insieme con la scelta della vittima: non ci troviamo più di fronte alla scomparsa della giovane di buona famiglia, bensì di una ragazza alla pari filippina che potrebbe avere subito violenza o addirittura essere stata uccisa da qualcuno dei personaggi principali. Il giallo s’infittisce fin dal primo episodio, facendoci dubitare di tutti sino alla rivelazione conclusiva (che potrebbe aprire le porte a una seconda stagione): forse un po’ prevedibile, ma per arrivarci scrittura e regia hanno fatto bene il loro mestiere creando il giusto climax per proseguire la visione tra un colpo di scena e l’altro.

Sono diversi i temi messi sul tavolo: il razzismo e lo sfruttamento degli immigrati (“Lei è stata solo fortunata”, dice Angel a Cecile in una delle scene più toccanti); la violenza che non risparmia chi fa parte dei ceti più alto locati; le difficoltà nei rapporti di genere; la mancanza di empatia e la solitudine in cui vivono ragazzi che hanno tutto ma che in fondo non hanno ciò che più vorrebbero: dei genitori che li amino davvero e lo dimostrino). Troppi argomenti da mettere sul tavolo in una serie di pochi e brevi episodi. Si finisce quindi solo con lo sfiorarli, eppure RESERVATET, LA RISERVA ci porta a riflettere su quel poco che riesce a mostrare.
Tutti gli attori sono degni di nota per le loro valide performance. In particolare la protagonista Marie Bach Hansen, che con la sua grande esperienza cinematografica dà un valore aggiunto alla miniserie.
In definitiva, pur con tutti i suoi limiti narrativi (fra cui un’indagine della polizia debole e inconcludente) e una certa prevedibilità, RESERVATET, LA RISERVA è un buon prodotto d’intrattenimento e accende i riflettori su tematiche del mondo contemporaneo che stimolano la riflessione. Nel suo piccolo, lascia comunque un segno.
IL NOSTRO VOTO
3.5/5
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