di Stefano Di Maria
E’ arrivata la nuova HOMELAND? Sembrerebbe di sì a giudicare dalla qualità della serie di spionaggio, targata Apple Tv+, TEHRAN. Tanto più che si tratta di una produzione israeliana, da dove proviene la famosa PRISONERS OF WAR che ha ispirato la fortunata serie con protagonista l’agente della Cia Karrie Mathison. Diciamolo subito: Niv Sultan, per quanto brava malgrado la giovane età, non è paragonabile alla Claire Daines di HOMELAND (c’è di che rimpiangerla), ma si difende bene nei panni di Tamar, un’hacker informatica del Mossad in missione in Iran per mandare in tilt il sistema radar antiaereo di Tehran: l’obiettivo è far sì che i soldati israeliani possano bombardare la centrale nucleare senza rischi. Non fila però tutto liscio e Tamar si ritroverà a fuggire e a ritentare l’impresa, fra mille ostacoli e difficoltà, non sapendo se riuscirà a tornare nel suo Paese.
Intorno a lei c’è una girandola di personaggi ben tratteggiati e interpretati da ottimi attori: spiccano Shaun Toub, nei panni di Faraz Kamali, perfetto nel ruolo di un pezzo grosso dell’intelligence iraniana che si metterà sulle tracce della spia straniera; così come Liraz Charhni, il contatto di Tamar nell’intelligence di Tel Aviv. Ma in TEHRAN sono tutti bravissimi, anche per una regia e una scrittura che non lasciano nulla al caso, distillando azione e tensione in ogni istante, rendendo adrenalici molti passaggi e tenendo sempre alta l’attenzione fin dalle prime sequenze. Insomma, impossibile annoiarsi, a meno che non si amino le storie di spionaggio.
Ma questa serie Apple Tv+, a nostro giudizio una delle perle del suo catalogo, ha molto più che una trama avvincente. Innanzitutto c’è l’ambientazione: è stata girata ad Atene, dove sono stati chiusi interi quartieri per le riprese, ricostruendo perfettamente il clima che si respira a Tehran. Poi ci sono i temi trattati: dalla narrazione esce il ritratto di una società divisa fra i conservatori e chi aspira alla libertà d’opinione e di religione, rappresentati dalle fazioni di giovani che si contrappongono. Il vecchio e il nuovo che avanza malgrado tutto, nonostante i rischi che si corrono, per mano di ragazzi che hanno dalla loro incoscienza e coraggio quanto basta. Al centro c’è anche la condizione della donna, che per come viene trattata può arrivare a commettere pazzie pur di fuggire all’estero. Commoventi le scene in cui il padre della protagonista Tamar (di origini iraniane) parla della terra che fu costretto a lasciare per trasferirsi in Israele: “Il più bel Paese del mondo, distrutto da fanatici che ci stavano togliendo la libertà”, dice a Faraz, che rappresenta proprio quel Paese.
Ma la particolarità dello show è che non mostra gli iraniani come i cattivi e gli israeliani come i buoni (o almeno non del tutto): mette in luce anche il loro lato più intimo e l’umanità che li caratterizza nonostante facciano parte degli ingranaggi del regime; emblematica, in questo senso, la tenerezza di Faraz quando parla con la moglie. La serie TEHRAN, comunque, è stata accolta con grande disapprovazione in Iran, provocando l’ennesimo incidente diplomatico.
Non resta che attendere la già confermata seconda stagione.
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