Durante la pandemia di Coronavirus sono davvero aumentati i casi di trombosi ma la causa non sarebbe il virus in sè.
La stasi del lockdown, che ha comportato meno attività fisica e movimento in generale, ha semplicemente peggiorato le situazioni già a rischio. Lo afferma il dottor Gabriele Di Luca, chirurgo vascolare dell’ASST Gaetano Pini-CTO.
Coronavirus e trombosi
Si è parlato più volte di trombosi venosa tra gli effetti, a volte fatali, dell’infezione da Covid-19.
Il dottor Gabriele Di Luca, chirurgo vascolare dell’ASST Gaetano Pini-CTO, negli ultimi mesi ha notato un aumento di casi di trombosi venosa, ma non tra i pazienti contagiati dal virus.
“Rispetto al periodo di osservazione clinica pre-Covid19 tra i pazienti dell’ASST Gaetano Pini-CTO ho riscontrato un aumento del verificarsi di complicanze trombotiche arteriose, in particolare nei pazienti che presentano già alterazioni di alcuni distretti (cerebrale, apparato gastroenterico, degli arti superiori o inferiori o sottoposti a cateterismi arteriosi diretti)”.
“In alcune di queste situazioni si è persino giunti a eventi di tipo ischemico e alla gangrena dei distretti più periferici degli arti inferiori (dita dei piedi). Questo perché gli esiti sono stati difficilmente controllabili con una terapia farmacologica e i pazienti non potevano essere sottoposti a un intervento chirurgico per la grave e importante co-morbidità presente” dice il dottor Di Luca.
Coronavirus e trombosi: il ruolo dell’attività fisica
Durante i lunghi mesi della pandemia, il chirurgo vascolare ha notato un aumento dell’incidenza di complicanze trombotiche venose a carico degli arti inferiori nei pazienti ambulatoriali: “La causa probabile di questo fenomeno è la riduzione dell’attività fisica e dei movimenti durante il lockdown. Uno stile di vita sedentario e il sovrappeso a esso correlato possono aumentare il rischio di sviluppare una complicanza trombotica a livello degli assi venosi degli arti inferiori e pelvici. Ricordiamoci, infatti che il meccanismo scatenato dal rallentamento del ritorno venoso (stasi) è uno dei principali fattori della ‘Triade di Virchow’”.
Trombosi: più colpite le donne
Ultima caratteristica peculiare della trombosi venosa è che la patologia affligge maggiormente il sesso femminile e tende ad avere un’incidenza sempre maggiore con l’avanzare dell’età.
Il rapporto tra donne e uomini è di 2 a 3. La causa di una maggiore prevalenza tra le donne sembra risiedere nella presenza di un quadro ormonale dove la percentuale di ormoni femminili circolanti (estrogeni e in modo minore i progestinici) è maggiore.
“La terapia ormonale – spiega il chirurgo vascolare dell’ASST Gaetano Pini-CTO – può in alcuni casi concorrere allo sviluppo di eventi trombotici soprattutto a livello dell’apparato venoso, provocando la riduzione di alcune sostanze prodotte a livello epatico (Proteina S e Proteina C epatiche) che possiedono proprietà modulanti e di controllo sull’attivazione indiscriminata dei meccanismi della cosiddetta cascata coagulatoria”.
“Le variazioni anche fisiologiche (menarca, gravidanza e menopausa) del tasso percentuale di estrogeni e progestinici circolanti, possono inoltre interferire con alcuni fattori e meccanismi del sistema coagulatorio”.
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