Mi ha avvisato con un Sms che suonava di liberazione: “Andato” -ha scritto il mio amico, come piccolo sfogo a conclusione di una vicenda che gli ha tolto il sonno per più di una notte dall’inizio di quest’anno. Piccolo imprenditore, meno di dieci dipendenti che formano più che altro una “famiglia”, azienda meccanica che nonostante il periodo si difende bene, ha dovuto fare i conti con un suo operaio che ad un certo punto gli ha ammesso candidamente di non aver più voglia di fare quel lavoro. Può succedere, uno pensa. Dispiaciuto, perchè comunque perde un collaboratore valido, il datore di lavoro lo invita a presentare le dimissioni, dopo che negli ultimi 6 mesi si è visto in officina si e no 20 giorni, facendo recapitare certificati medici quantomeno dubbi, visto che i due spesso si sono incrociati, perchè il paese è piccolo. “No capo, è meglio se mi licenzi tu, così prendo almeno 6 mesi di sussidio di disoccupazione” -si è sentito rispondere il mio amico. Sconcertato, ha cercato di capirne di più, scoprendo di dover pagare sia il consulente aziendale che il sindacalista “a difesa” del suo dipendente, per avviare una trattativa che alla fine, dopo settimane di ritardi, rinvii e contestazioni che gli hanno andare di traverso pure le vacanze con la famiglia, si è conclusa con una “buona uscita” pari a 3 mensilità. Nel bilancio del mio amico ci sono dunque 7 mesi di problemi e tensioni e di sostanziale mancanza di un lavoratore in azienda e circa 6000 euro di costi per la “definizione della pratica”. Tutti noi invece pagheremo i prossimi 6 mesi di “disoccupazione” del lavoratore che, non l’ho scritto prima, ha la bella età di 25 anni ed era regolarmente assunto da quando ne aveva 21. Oggi il mio amico avrebbe bisogno di almeno un altro dipendente in azienda, ma mi ha confidato che ha il terrore di assumerlo.
Gabriele Bassani
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