di Stefano Di Maria

Sky continua a sfornare titoli di qualità uno dietro l’altro, imponendosi nella serialità italiana per come riesce a interpretare la nostra realtà rappresentandola senza filtri. Anche quando è celata agli occhi dei più, quando è così scomoda da essere inesistente, invisibile. E’ proprio il caso di BLOCCO 181, che non esitiamo a considerare una delle migliori serie dell’anno. Una sorta di GOMORRA milanese, ma solo in apparenza: la differenza sta soprattutto nei protagonisti, un gruppo di ragazzi che per senso di avventura, disperazione e voglia di riscatto si ritroveranno negli ingranaggi di un mondo troppo pericoloso per loro.
BLOCCO 181 – LA TRAMA
Bea è una ragazza latino-americana divisa tra la fedeltà alla sua famiglia, la Misa, e la voglia di cambiare vita; Ludo e Mahdi sono due amici di diversa estrazione sociale, uniti come fratelli. I tre provengono da realtà diverse, eppure sono legati da qualcosa di più forte: una storia d’amore inattesa e attualissima, in una Milano le cui torride periferie sono terreno di conquista per bande in guerra per il potere, sullo sfondo del “Blocco”, un imponente complesso edilizio ai margini della città. Un legame anomalo e libero, il loro, che sfiderà le regole dell’appartenenza dei tre ragazzi per provare a scalare insieme quei ranghi del traffico di droga che prima avevano sempre subito. Ci sono poi Snake, braccio destro armato di Lorenzo, un dealer a sua volta amico d’infanzia e alleato di Rizzo, il boss del quartiere.
BLOCCO 181 – LA RECENSIONE
In BLOCCO 181 è tutto curato nei minimi dettagli. A partire dalla contrapposizione fra lo skyline di Milano, coi nuovi scintillanti grattacieli in vetro e acciaio, e le periferie degradate: a immortalare le foto di scena è niente meno che Gabriele Micalizzi, tra i fotoreporter di guerra più acclamati. Guidati dalla regia corale di Giuseppe Capotondi (SUBURRA – La serie) con Ciro Visco (GOMORRA) e Matteo Bonifazio, fanno scintille i tre talentuosi protagonisti Laura Osma, Alessandro Piavani e Andrea Dodero: impossibile non amarli e fare il tifo per loro, per quanto le rispettive scelte siano discutibili. A colpire è la naturalezza con cui nasce il loro triangolo amoroso, oltre che di amicizia e complicità nello spaccio della cocaina: non si pongono domande, non ne parlano mai, lo vivono sulla loro pelle e basta. Come fosse il simbolo di quella libertà che vogliono conquistare nella vita, senza farsi più sottomettere da nessuno.
ll resto del cast funziona altrettanto bene (anche il rap italiano Salmo, che debutta nelle vesti di attore, supervisore, produttore musicale e creativo), dando vita a, restituendo allo spettatore un mondo di cui si sente parlare poco: la Milano malavitosa, strettamente legata alla Milano da bere, dove le rivalità, i rancori, i tradimenti e le vendette dei clan non hanno nulla da invidiare alla criminalità del sud. E’ solo che qui si vede meno, anzi poco o nulla, nascosto dietro l’immagine patinata dei grattacieli e dei locali alla moda e dei palazzi antichi.
Non resta che attendere la seconda stagione, confidando che tenga alta l’asticella.
VOTO: 4 SU 5
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