di Stefano Di Maria
E’ stato rilasciata a fine luglio da Netflix KEEP BREATHING, miniserie in sei episodi di genere survivor ma anche intimista. Un prodotto che aveva buone chance di imporsi come titolo destinato a lasciare il segno nell’immenso – in gran parte dimenticabile – catalogo del colosso dello streaming, invece non è così. Anche se non stupisce che abbia subito conquistato la vetta della top ten: è comunque una storia ben raccontata, che va benissimo per trascorrere una serata di puro intrattenimento e senza pretese.
KEEP BREATHING – LA TRAMA
Creata da Martin Gero e Brendan Gall e co-diretta da Maggie Kiley e Rebecca Rodriguez, la miniserie ha per protagonista Liv, avvocato di Manhattan: dopo la cancellazione del suo volo aereo – si imbarca su un volo privato perché ha fretta di raggiungere qualcuno (forse la madre che, come scopriremo dalla sua storia, l’ha abbandonata quando era bambina). Il piccolo velivolo precipita in Canada e Liv è l’unica sopravvissuta. Da quel momento per lei inizia un viaggio fisico, per la sopravvivenza, e interiore, per superare i traumi del passato.
KEEP BREATHING – LA RECENSIONE
Diciamolo subito: Melissa Barrera è perfetta nel ruolo della donna gelida sul lavoro quanto in amore, perché ha paura delle delusioni e di soffrire come quando l’aveva abbandonata la madre. Dando prova delle sue doti recitative, regge su di sé l’intera trama, a dispetto della scrittura alquanto improbabile, anzi decisamente poco credibile. D’accordo che si tratta di una miniserie survivor, ma non si capisce come sia possibile che Liv riesca a sopravvivere a qualunque imprevisto: mangia bacche avvelenate, precipita più volte da dirupi o alberi, cammina per giorni senza che si capisca bene di cosa si nutra, si lascia andare alla corrente di un fiume senza impattare né con massi né con rami…
Interessante il parallelismo con cui vengono narrati i fatti del presente e quelli del passato della protagonista, due linee temporali che hanno quasi lo stesso spazio nei sei episodi. C’è così modo di apprendere che cosa è capitato a Liv e perché sia una donna piena di barriere emotive e restia a lasciarsi andare in amore. D’altro canto, appaiono stucchevoli e scontati i dialoghi immaginari col co-pilota morto, col fidanzato e col padre, che invece di rendere più interessante il suo percorso interiore rischiano di annoiare. Chi si approccia a questo genere si aspetta molta azione ma, se da un lato è apprezzabile la volontà di legare il lato intimista al survivor, dall’altro la delusione è dietro l’angolo. Tanto da domandarsi se, come parrebbe dalla fine del sesto episodio, ci sia davvero bisogno di una seconda stagione.
VOTO: 2 su 5
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